2° giorno: Midelt - Imilchil 160 km.
Il vento ha soffiato per tutta la nottata e al nostro risveglio non sembra intenzionato a smettere. Poco male penso, spazzerà il cielo dalle nuvole basse che vengono da Sud e non sarà d'impiccio, visto che per almeno una buona mezz'ora saremo riparati dal versante nord del Jebel Ayachi. Previsione alquanto errata, come avremo poi modo di verificare.
Come promesso saliamo al monastero per un saluto, siamo di strada visto che si trova all'inizio della pista. Gianni prenderà la statale che scende fino a Rich e da lì risalirà fino ad Imilchil dove ci aspetterà all'albergo.
Al nostro arrivo al convento, oltre ai militari di guardia, troviamo il frate portinaio Josè Luis che mastica un buon italiano e ringrazia per il materiale consegnato la sera precedente.
Le due suore italiane sono fuori sede: una a Casà ed una al villaggio che si trova alla fine della pista. Poco male, sarà per la prossima volta, ma approfittiamo comunque per vedere il laboratorio che hanno organizzato con le donne berbere della città, per offrire loro un lavoro e quindi una fonte di reddito autonoma. Ricamo e tessitura di tappeti.
Salutato frate Josè Luis prendiamo a salire sulla pista: l'inizio nella valle aperta non dà problemi, anche se il vento continua a farsi sentire sul nostro lato sinistro fino al bosco di cedri.
Il fondo è buono, si vede che ci son state piogge recenti ma i tasselli mordono la terra battuta fino alla salita in rocce e pietrisco che porta al passo. E qui comincia l'avventura.
Entrando in una curva che immette su per il canalone una raffica improvvisa e potente mi sbatte fuori pista con l'anteriore pericolosamente puntato a valle. Le ragazze corrono a darmi una mano e riportiamo la ghisa in carreggiata, ma in questo punto riesce difficile perfino stare in piedi per la forza delle raffiche.
Il 690 parcheggiato per un attimo, viene scaraventato a terra ed è un'impresa anche solo cercare di parcheggiare la propria moto e dare una mano ai compagni. Riusciamo finalmente a puntare i mezzi in direzione del vento e della pista e controllato che anche gli altri fossero a posto parto. Saranno i 1500/1800 mt più duri della mia esperienza di off. La direzione da seguire è esattamente quella contraria al senso del vento e la moto con la prima e il gas puntato è come se venisse spinta indietro ad ogni metro di 50 centimetri. Stando in piedi sulle pedane per trovare la via migliore tra le pietre offro inoltre un attrito maggiore all'aria e le continue raffiche tentano di sbatterti ora sul lato a monte coperto di rocce ora sul lato a valle con forte pendio. 5 minuti di delirio finchè raggiungo il passo, punto la moto in direzione del vento per evitare che la faccia cadere e mi volto indietro. Delle ragazze nessuna traccia.
Guardo Trity e le intimo un "Tu resti qui e vedi di non cadere!". "Io scendo a piedi a vedere cosa succede."
Sospinto dal vento che ora sbatte prepotente sulla schiena, scendo cercando di non cadere fino alla curva. Il 690 è di nuovo in terra e l'AT puntellata da Gianpy che cerca di tenerla in piedi ha la ruota anteriore bloccata dal fango. Quando è ripartito Guido ha preso una raffica che l'ha sbattuto in un canale pieno di mota e il parafango basso ha fatto il resto. Ora lotta con la chiave del 10 per liberare gli attacchi e pulire. Mi metto anch'io a tenere la moto e le cose che non puoi assolutamente lasciare libere, e alla fine aiutiamo Guido a montare in sella e prendere il via tra una raffica e l'altra.
Gianpy mi offre un passaggio sul 690: proviamo. Ingrana la prima e spalanca il gas per vincere il contrasto iniziale. Trazione c'è, il mio peso aiuta, equilibrio invece a spanne, dato che tra borse, le mie gambe penzoloni e il grosso serbatoio desert, deve destreggiarsi tra le rocce buttando ora una ora l'altra gamba a modo di bilanciere. "Zio pork, i miei piedi..." devo urlagli nel casco quando si mette a fare pelo e contropelo ai roccioni sporgenti..... "Ci tengo a non lasciarli qui....".
Arriviamo al passo e Trity è ancora lì in piedi. Scendiamo alla svelta per ripararci e metterci nel versante sotto vento, mentre l'idea di tirar fuori la fotocamera non ci passa neanche per l'anticamera del cervello.
Finalmente al riparo dal vento, dopo la discesa a sasso smosso e un piccolo oued ci prendiamo una sosta per una sigaretta. Nessuno di noi aveva mai avuto a che fare con un vento simile in fuoristrada. Li rassicuro sul proseguo, la pista tra poco entra nel bosco di conifere e sarà una passeggiata. Anche questa sarà una previsione errata.
Superata una frana e il guado pietroso di altro oued ben più ampio entriamo finalmente tra gli alberi e da subito ci accorgiamo che sarà ben più arduo di quanto pensassi. Il versante nord coperto dalla vegetazione presenta un'umidità molto alta e il terreno battuto che a prima vista sembra innocuo, nasconde un fondo argilloso di alcuni centimetri che fa pattinare gli pneumatici. Cerco di pulire le gomme nelle pozzanghere e in alcune trovo fondi di ghiaccio, perdendo completamente ora l'anteriore ora il posteriore. Le ragazze ormai conosco il loro posto a memoria: Gianpy al paracilindro, Guido al telaio borse, io al manubrio. 1-2-3 e Trity si risolleva dal pantano. 20 km così mentre nel frattempo una debole pioggerellina ci rinfresca gli abiti e ci annebbia le maschere.
Guido rimane ancora vittima del parafango basso. Tocca di nuovo smontare e pulire.
Per fortuna siamo quasi alla fine e quando due pastori con la madre ci invitano per un tè nella loro casa, accogliamo di buon grado l'offerta. In cambio lasciamo un pò di benzina per la mobilette e qualche dirham.
Il goudron fino al villaggio e uno spiraglio di sole ci ripagano degli sforzi passati. Mai quanto però i sorrisi dei bimbi a cui lasciamo un block notes ed una stylo.
Ci aspetta ancora un passo da fare, ma già due anni fa quando passai con Franca era asfaltato, per cui sono tranquillo. Come al solito niente di più sbagliato: oggi, scopriremo in serata, ha fatto tormenta e ci aspetta un pò di neve.
Salendo dal villaggio che si trova appena prima alcuni abitanti si sbracciano per farci capire che è chiuso, ma andiamo avanti imperterriti. Guardo il Gps e le quote: quando comincia la neve mancano solo 200 mt di altezza ed un paio di chilometri.
Lo ricordo bene e vado avanti: i tasselli hanno presa ed i 10 cm di neve non creano grosse difficoltà. Per sicurezza mando avanti Gianpy fino al punto in cui so che spiana e comincia a scendere. Al suo ok saliamo anche io e Guido e alla luce dei fari valichiamo ed iniziamo la discesa fino Imilchil.
Un sms di Gianni chiede dove siamo finiti. Gli rispondo che siamo a trenta chilometri dall'albergo. "Tranquillo arriviamo". E quando, entrando in paese, vedendolo un pò preoccupato intento a telefonare giù al villaggio sotto il passo innevato, gli urlo: "Zio pork non si viaggia col buio....... ma stavamo facendo solo un pò di enduro.... ".