Diavoletto
21-09-2006, 12:09
da il corriere
WASHINGTON — A Lower Nob Hill, un rione decaduto di San Francisco, rifugio di immigrati clandestini, era nota a tutti come la «jewish lady», la signora ebrea, sebbene fosse una luterana tedesca. Il motivo è che da sessanta anni era sposata a un ebreo, che frequentava una sinagoga, e che aiutava le associazioni di beneficenza ebraiche.
Fino alla morte di lui nel 2005, li vedevano passeggiare assieme la mattina per strada, mano nella mano, sorridenti ed eleganti, e danzare e cantare alla sera nel loro appartamento, con le finestre aperte. Una coppia molto anziana, senza figli, devota, legatissima, felice. Ma la «jewish lady» celava un terribile segreto di cui, nonostante la lunga vita in comune, era rimasto all'oscuro anche il marito: nella seconda guerra mondiale era stata per oltre un anno una SS, una guardia dello spaventoso campo di concentramento femminile di Ravensbrück, nelle cui baracche e camere a gas e nei cui laboratori medici, in atroci esperimenti, morirono circa 10 mila donne.
Quest'estate, il ministero della Giustizia americano, che da un trentennio dà la caccia ai criminali di guerra nazisti nascosti negli Stati Uniti, ha scoperto il tragico segreto di Elfriede Lina Rinckel. Elfriede ha 83 anni, è minuta, cammina con il bastone a causa dell'artrite, il diabete l'ha quasi privata della vista. La legge americana impone l'estradizione di chi mente all'ingresso nel Paese, e ne vieta il ritorno, ed Elfriede ha mentito sul suo passato. Il primo settembre, dopo circa 40 anni, l'America l'ha rimandata indietro, come circa altri cento criminali di guerra nazisti prima di lei. Elfriede, che rischia di essere incriminata dalle autorità tedesche, si è stabilita presso Francoforte. Ma si è presentata al locale consolato americano: dopo morta, vorrebbe che la sua salma fosse trasportata a San Francisco, per riposare accanto a quella del marito, nel cimitero ebraico «La casa eterna» di Colma.
«La signora ebrea» è nata a Lipsia nel dicembre del 1922. Lavorava in fabbrica quando le SS la arruolarono nel '44, e le insegnarono a pattugliare il perimetro del campo con un cane lupo. Come le altre guardie, lei scappò da Ravensbrück all'arrivo degli alleati nel '45, e cercò di rifarsi una vita. Dopo pochi mesi, incontrò Fred Nickel, un giovane tedesco ebreo praticante, sopravvissuto all'Olocausto, se ne innamorò e lo sposò. La coppia si trasferì in America nel '59, Elfriede fece la cameriera in un ristorante, lui il barman. Ha raccontato Alison Dixon, l'avvocato difensore: Elfriede si è sempre tenuta dentro un terribile senso di colpa, cercava di fare ammenda con la devozione e la beneficenza. Non era mai stata iscritta al Partito nazista e nel campo non aveva mai avuto direttamente a che fare con i detenuti, ma sapeva che cosa succedeva loro. Il suo silenzio, soprattutto con il marito, il suo rimorso la maceravano.
Non chiese la cittadinanza Usa perché temeva di essere scoperta».
Eli Rosenbaum, il funzionario del ministero che bussò alla sua porta, ha dichiarato al
Los Angeles Times che Elfriede non meritava il perdono: «La sua presenza qui era un insulto alle vittime dell'Olocausto. Lei stesso lo sentiva, non si è opposta alla estradizione. Ma non mi è parsa pentita, non ha espresso rammarico, ha solo cercato di giustificarsi. Non so se sia pronta a espiare le sue colpe». Gene Kaufman, l'amministratore del cimitero Sinai Memorial , ha detto di sperare che Elfriede trovi pace: «Nessuno avrebbe immaginato che nascondesse un simile passato: sulla tomba del marito, sotto la stella di David, c'è anche il suo nome. Quando si è congedata da noi, mi è parsa stanca, rassegnata».
Ennio Caretto
WASHINGTON — A Lower Nob Hill, un rione decaduto di San Francisco, rifugio di immigrati clandestini, era nota a tutti come la «jewish lady», la signora ebrea, sebbene fosse una luterana tedesca. Il motivo è che da sessanta anni era sposata a un ebreo, che frequentava una sinagoga, e che aiutava le associazioni di beneficenza ebraiche.
Fino alla morte di lui nel 2005, li vedevano passeggiare assieme la mattina per strada, mano nella mano, sorridenti ed eleganti, e danzare e cantare alla sera nel loro appartamento, con le finestre aperte. Una coppia molto anziana, senza figli, devota, legatissima, felice. Ma la «jewish lady» celava un terribile segreto di cui, nonostante la lunga vita in comune, era rimasto all'oscuro anche il marito: nella seconda guerra mondiale era stata per oltre un anno una SS, una guardia dello spaventoso campo di concentramento femminile di Ravensbrück, nelle cui baracche e camere a gas e nei cui laboratori medici, in atroci esperimenti, morirono circa 10 mila donne.
Quest'estate, il ministero della Giustizia americano, che da un trentennio dà la caccia ai criminali di guerra nazisti nascosti negli Stati Uniti, ha scoperto il tragico segreto di Elfriede Lina Rinckel. Elfriede ha 83 anni, è minuta, cammina con il bastone a causa dell'artrite, il diabete l'ha quasi privata della vista. La legge americana impone l'estradizione di chi mente all'ingresso nel Paese, e ne vieta il ritorno, ed Elfriede ha mentito sul suo passato. Il primo settembre, dopo circa 40 anni, l'America l'ha rimandata indietro, come circa altri cento criminali di guerra nazisti prima di lei. Elfriede, che rischia di essere incriminata dalle autorità tedesche, si è stabilita presso Francoforte. Ma si è presentata al locale consolato americano: dopo morta, vorrebbe che la sua salma fosse trasportata a San Francisco, per riposare accanto a quella del marito, nel cimitero ebraico «La casa eterna» di Colma.
«La signora ebrea» è nata a Lipsia nel dicembre del 1922. Lavorava in fabbrica quando le SS la arruolarono nel '44, e le insegnarono a pattugliare il perimetro del campo con un cane lupo. Come le altre guardie, lei scappò da Ravensbrück all'arrivo degli alleati nel '45, e cercò di rifarsi una vita. Dopo pochi mesi, incontrò Fred Nickel, un giovane tedesco ebreo praticante, sopravvissuto all'Olocausto, se ne innamorò e lo sposò. La coppia si trasferì in America nel '59, Elfriede fece la cameriera in un ristorante, lui il barman. Ha raccontato Alison Dixon, l'avvocato difensore: Elfriede si è sempre tenuta dentro un terribile senso di colpa, cercava di fare ammenda con la devozione e la beneficenza. Non era mai stata iscritta al Partito nazista e nel campo non aveva mai avuto direttamente a che fare con i detenuti, ma sapeva che cosa succedeva loro. Il suo silenzio, soprattutto con il marito, il suo rimorso la maceravano.
Non chiese la cittadinanza Usa perché temeva di essere scoperta».
Eli Rosenbaum, il funzionario del ministero che bussò alla sua porta, ha dichiarato al
Los Angeles Times che Elfriede non meritava il perdono: «La sua presenza qui era un insulto alle vittime dell'Olocausto. Lei stesso lo sentiva, non si è opposta alla estradizione. Ma non mi è parsa pentita, non ha espresso rammarico, ha solo cercato di giustificarsi. Non so se sia pronta a espiare le sue colpe». Gene Kaufman, l'amministratore del cimitero Sinai Memorial , ha detto di sperare che Elfriede trovi pace: «Nessuno avrebbe immaginato che nascondesse un simile passato: sulla tomba del marito, sotto la stella di David, c'è anche il suo nome. Quando si è congedata da noi, mi è parsa stanca, rassegnata».
Ennio Caretto