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trottalemme
20-08-2013, 09:18
Dopo novemilacinquecentoerotti chilometri, eccoci a casa con gli occhi ancora intasati di luce e le orecchie a cui manca il vento ormai lontano.
Raccontarvi il viaggio sarà un aiuto per non dimenticarlo.

Andrewjtd
20-08-2013, 09:21
aspetto con gioia di leggerti......

pv1200
20-08-2013, 10:16
welcome home

immagino che sia stata una bella esperienza e attendo il tuo report
a presto ciao

cecco75
20-08-2013, 10:42
Bentornato!
attendo di leggere, con piacere, le parole che sceglierai per fare il report.

augusto
20-08-2013, 10:50
Mi metto comodo.

Foggy
20-08-2013, 10:51
spettacolo...
aspetto trepidante:-) :D

Alessio gs
20-08-2013, 10:52
Aspetto superreport....ciao...

Il Veleggiatore
20-08-2013, 10:56
mi segno il 3d

Tatone
20-08-2013, 11:10
Dai aspetto il resoconto!

LucaF650gs
20-08-2013, 11:30
Oltre al resoconto... le foto! Non vedo l'ora!

olliwood
20-08-2013, 12:57
Attendo con impazienza 😀

civel
20-08-2013, 14:40
Bentornato Giulio!!!

Aspettiamo foto e report!!!!

Boxer Born
20-08-2013, 16:03
Aspetto di fare un pò di strada insieme nei tuoi racconti;
Mi sono già messo comodo.

jena plissken
20-08-2013, 17:07
mi piacerebbe che non fosse mieloso e sullo stile del Dott. Costa, ma letto il 1° post so già che non riuscirò mai ad arrivarci in fondo...peccato.

charlyno
20-08-2013, 17:11
...anche da questa parte bentornato ��

Lamps

nio974
20-08-2013, 17:28
Ordino i pop corn e sono pronto! ;-)

Anche io Topa Talko...;-)

positivo
20-08-2013, 21:28
….eeeeebbben tornato Giulio :wav:

Comincia pure quando vuoi.

Ciao e a presto :?:

discus
20-08-2013, 22:44
Bentornato Giulio,
vediamo un pò cosa ci regaleranno la Canon e la penna, nell'attesa continuo a passeggiare tra le vie di Londra!

trottalemme
21-08-2013, 19:49
Mercoledì 31 Luglio
L’attesa è terminata. Ieri sera sono arrivati da Lipsia Franco e Lucia e oggi possiamo finalmente ridare vita al nostro viaggio. Per un paio di giorni non sapevamo se avremmo potuto continuare assieme o se io e Maria Grazia saremmo stati costretti a prendere la dolorosa decisione di proseguire da soli. Il guasto alla pompa della benzina della motocicletta di Franco – ma non sapevamo ancora che si trattava di quello – era avvenuto sull’autostrada tedesca nel pomeriggio di sabato e dopo lunghissima attesa avevamo potuto lasciare l’area di sosta in cui fortunosamente Franco era riuscito a trascinare la Guzzi ferita; loro sul carro attrezzi e noi a rimorchio fino alla rimessa. Di metterci le mani fino a lunedì nemmeno parlarne e dunque la nostra decisione: aspetteremo Franco e Lucia a Malmö dove abbiamo l’hotel prenotato e sul proseguo del viaggio lasciamo tempo al tempo.
La domenica ci siamo spostati da Lipsia a Malmö, attraversando il Mar Baltico fra Rostock e Gedser e ammirando le splendide architetture dei ponti lanciati sullo Storstrømmen e sull’ Öresund. Il giorno più lungo è stato lunedì che è passato senza notizie degli amici fino alle sette di sera quando ormai disperavamo di potere continuare assieme. “Pronto… – sullo sfondo un rumore assordante. “Pronto!?”, “Lo senti?” è la voce di Lucia. “La moto è a posto e partiamo domani mattina”.
L’attesa è terminata e stamattina partiamo per Oslo. Non ci fermeremo nella capitale, ma cercheremo una sistemazione nei dintorni. La giornata si annuncia con il ticchettio della pioggia sui vetri della finestra, ma presto le nuvole si diradano e il sole asciuga le nostre giacche.
Appena fuori Malmö inizia la E6 che ci accompagnerà fino Kirkenes, capolinea del nostro viaggio, ma oggi la percorriamo fino a Göteborg e Oslo. Il fiordo al termine del quale è appollaiata – grassa matrona – la capitale norvegese, è così bello da farsi perdonare le architetture industriali e portuali decrepite che lo assalgono come tartaro. Lasciato il caos della capitale, proseguiamo ancora per una ventina di chilometri sulla E6, che rapidamente riprende a correre in una deliziosa campagna ondulata, finché nei pressi di Kløfta la abbandoniamo per imboccare la R2 che ci porta al nostro primo punto di sosta: Skarnes. La cittadina in sé non ha molto da offrire se non un supermercato, una campagna verdissima e molto bella e il fiume Glåma, il più lungo della Norvegia. A Skarnes la corrente è lentissima e nelle acque si specchiano le nuvole incendiate dal tramonto senza fine.
Quando issiamo le motociclette sul cavalletto centrale, abbiamo percorso seicentotrentadue chilometri e siamo stati sulla strada circa dodici ore.

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Bërlicafojòt
21-08-2013, 20:01
Aperitivo....... Attendo la continuazione.... :)

Stitch
21-08-2013, 20:08
Bentornato Giulio
Felice di leggerti anche qui:D

positivo
21-08-2013, 20:53
...eccolo-eccolo, ha finito di togliersi di dosso moscerini, peli di renna, penne di gabbiano, riportato al suo splendore Lady B. e acceso il pc (che fa pure rima) ed ha finalmente “imbracciato” la tastiera: BRAO!!! :D:D:D

discus
21-08-2013, 22:57
Barista!

patatine e crodino, grazie!

papipapi
22-08-2013, 02:22
Questa volta anche io mi metto comodo per la continuazione e finale :toothy2:

trottalemme
23-08-2013, 18:36
Giovedì 1 Agosto
È notte nel campeggio di Skarnes. Mi sveglio forse perché la stanza è bagnata da una luce che potrebbe essere quella della luna piena, ma allo stesso tempo è differente: diffusa, lattiginosa. Guardo l’orologio: sono le due e dieci. Il camping è silenzioso e il fiume coperto da una nebbia bassa, densa e vibrante.
Quattro ore dopo il cielo è coperto, ma si intravedono timidi squarci che fanno ben sperare.
Facciamo colazione con succo d’arancia, crackers wasa e marmellata di mirtilli. Mando giù malvolentieri la tazza di caffè solubile a cui non riesco ad abituarmi, ma Maria Grazia è stata irremovibile: per la moka nel bagaglio non c’è posto! Io guido la moto e lei comanda la logistica.
Imbocchiamo la R24 che fiancheggia per un lungo tratto il bel lago Storsjøen e raggiungiamo nuovamente la E6 nei pressi di Hamar e del lago Mjøsa. Poco dopo il villaggio di Brumunddal la strada attraversa il lago su un ardito ponte e prosegue lungo la sponda occidentale fino a Lillehammer, dove il lago termina.
Poco prima della città incontriamo una ragazza che vende fragole e pianto un’inchiodata che fa smadonnare l’amico che mi segue. Ho un ricordo troppo bello del profumo e del sapore delle fragole norvegesi per rinunciarvi. La bancarella è in posizione strategica, accanto a uno spiazzo con alcune panchine. La giornata ormai è bella, calda, e passiamo almeno un’ora a mangiare fragole e guardare gli impianti sciistici sulle colline dietro Lillehammer. Forse sarebbe stato meglio utilizzare quel tempo per visitare la collezione Sandvig (http://www.maihaugen.no) che raccoglie oltre un centinaio di esempi dell’architettura rurale tradizionale, ma è stato un bel momento; ci serviva per ritrovare un momento di spensieratezza dopo le tensioni dei giorni passati.
Lasciata Lillehammer alle spalle, imbocchiamo la Gudbrandsdalen ricca di significati storici per l’identità norvegese.
La tradizione vuole che Hundorp conservi i resti di Dale Gudbrand che intorno all’anno 1200 era il sovrano pagano della valle e che si sottomise al Santo-Re Olav, convertendosi insieme alla sua gente al cristianesimo.
Poco oltre attraversiamo la cittadina di Vinstra, nelle vicinanze della quale nel XVIII secolo visse Peder Olsen, preso a modello da Henrik Ibsen per il suo Peer Gynt.
La valle si rinserra, mantenendo un aspetto florido in cui si alternano larghi prati e folte foreste di conifere. La strada corre al fianco del fiume che scende impetuoso e spumeggiante e raggiunge Dombås dove sostiamo prima di affrontare la salita al Dovrefjell.
La strada lascia il paese salendo la ripida costa a oriente; è ben disegnata con larghi tornanti e occorre esercitare un ferreo controllo della volontà per limitare la tentazione di aprire il gas e correre oltre gli esigui limiti di velocità consentiti. L’ambiente diventa aspro: gli alberi cedono il posto agli arbusti e predomina la pietra e il lichene. La giornata è tranquilla, ma tutto fa intendere che l’altopiano sia spesso spazzato da venti poderosi e paralizzato da lunghi inverni nevosi.
Il Dovrefjell è un altopiano selvaggio in cui non c’è nulla di particolarmente attraente allo sguardo, ma l’asprezza del luogo è di cupa bellezza ed evoca la potenza delle forze naturali che qui giocano la loro partita senza tempo: l’acqua, l’aria, la terra, forse anche il fuoco.
Siamo entrati nel più antico parco naturale della Norvegia, fondato nel 1923, famoso per l’alce, la renna, il lemming, ma soprattutto per gli uccelli che custodisce.
Sarebbe bello fermarsi; lasciare la motocicletta e prendere uno dei sentieri che si dipartono dalla strada principale. Magari portarsi appresso una piccola tenda e campeggiare lassù fra le stelle e i falchi. Chissà, magari un giorno, se Dio vorrà.
Poco dopo Hjerkinn, la strada raggiunge il punto più alto dell’altopiano da cui si scorgono in lontananza la Snøhetta e la Svånåtind, cime incappucciate di neve che superano i duemila metri.
Da qui, la E6 inizia una bella discesa verso Oppdal e prosegue nell'ampia vallata del Byna. Mancano ancora centoventi chilometri a Trondheim e siamo in sella ormai da più di otto ore. Intuisco che il paesaggio ha ancora molto da dirci, ma sono stanco e prevale la voglia di arrivare; di fare una doccia bollente e di scolare una birra ghiacciata alla faccia del costo proibitivo della birra in Norvegia.
Mano a mano che ci si avvicina a Trondheim, le foreste lasciano il posto all'agricoltura e l'influenza della terza città della Norvegia diventa sempre più evidente. D'un tratto, la strada diventa un’autostrada urbana e in poco tempo siamo in città. Abbiamo percorso 506 chilometri e siamo stati sulla strada più di dieci ore.

Continua...

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yankee66
23-08-2013, 19:01
Complimenti! Aspettiamo con ansia la prossima puntata ;) :happy1: :drinkers:

Meta62
24-08-2013, 08:24
complimenti sempre racconti di viaggio coinvolgenti!

big_paul
24-08-2013, 11:05
fantastico!!!

trottalemme
24-08-2013, 11:11
Venerdì 2 Agosto
Uscendo da Trondheim, incontriamo il fiordo che prende il nome dalla città e che costeggeremo per una novantina di chilometri fino a Steinkjer in una florida regione di grandi fattorie. La strada è ancora in ombra, ma il grande specchio d’acqua immobile e la costa opposta sono già illuminati dal sole. Poco dopo Stjørdal raggiungiamo un ramo minore del fiordo – lo Åsenfjorden – in cui la corazzata tedesca Tirpiz nel 1943 subì uno dei numerosi tentativi di attacco da parte della Royal Air Force. Da qui a Steinkjer nulla più di rilevante, a meno di non lasciare la E6 per muoversi verso il confine svedese, poco lontano.
Ora, l’ambiente muta. La strada scende lentamente lungo una valle boschiva verso Asp e raggiunge lo splendido lago Snåsavatnet, solcato da lente correnti che disegnano arabeschi sulla superficie di vetro. I successivi duecento chilometri saranno una successione di valli in cui si alternano boschi, paludi, laghi e piccoli campi coltivati prevalentemente a fieno. Di tanto in tanto pugni di case interromperanno la continuità del paesaggio, destando quasi sorpresa. In uno di questi paesini, Gartland, spicca una bella chiesa bianca che anticipa i caratteri dell’architettura che incontreremo più a nord.
A Lakfors, una breve deviazione ci conduce a una delle grandi cascate del Nordland con una portata d’acqua gigantesca, sebbene non particolarmente alta. Cerchiamo per qualche minuto di scorgere i salmoni saltare nell’acqua, ma senza successo forse perché siamo sfortunati o forse perché servirebbe più tempo.
Oltrepassata velocemente Mosjøen, la strada si allontana dal fiordo e scende in una valle inizialmente stretta e boscosa e successivamente più ampia laddove ospita i laghi Fustvatnet e Ømmervatnet. Il paesaggio è idilliaco: le foreste di conifere si riflettono nelle acque calme dei laghi insieme ai modesti picchi innevati che le sovrastano.
Giunti al Ranafjord, a Bjerka cominciamo a cercare un campeggio dove passare la notte. Il primo che troviamo avrebbe belle e ampie hitties, ma la vista è abbruttita dai fabbricati industriali che si frappongono rispetto al fiordo e il fiumiciattolo che scorre accanto al campeggio è asfittico e puzzolente. Proseguiamo fino a Yttervik dove troviamo il camping che farebbe per noi, ma sfortunatamente non hanno una hytte con due camere. Intanto, la strada offre magnifiche vedute sul Ranafjord e sull’imponente ghiacciaio Svartisen, lontano nella foschia del pomeriggio.
Attraversando il ponte sul fiume Dalselv, scorgo un po’ defilato dalla strada un motel in legno. Andiamo a vedere. Le camere sono quattro in tutto e due sono ancora libere: ampie, ben arredate e ariose. Decidiamo di fermarci lì per dormire e anche per cenare. Il proprietario è simpatico, ma sembra più interessato a passare il tempo chiacchierando con i ragazzi del luogo e fumando che non a curare l’accoglienza degli ospiti. A cena scelgo la “bistecca” di alce che si rivela un burger di carne trita, non male di sapore, ma senza il carattere che faccia pensare alla selvaggina. Gli altri rimangono sul salmone che in Norvegia è scelta che non delude mai.
Oggi abbiamo percorso quattrocentottantanove chilometri e siamo rimasti in sella otto ore.

continua…

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Altre foto qui: http://giulio1954.com/2013/08/24/along-the-arctic-highway-3/

lighthouse
24-08-2013, 11:29
Complimenti... seguo con impazienza

trottalemme
28-08-2013, 21:35
Il primo libro che io lessi nella mia infanzia, compitando faticosamente le parole, fu “Ventimila leghe sotto i mari” di Jules Verne. Avevo sette anni e mi fu regalato, probabilmente in edizione ridotta, in occasione della prima comunione. Lo lessi tutto, rimanendo imprigionato nel fascino della lettura che non mi abbandonò più. Di tutto il libro, una delle immagini che si appropriò dei miei sogni e dei miei terrori fu il Maelstrom, il gigantesco gorgo in cui rimane imprigionato al termine del libro il Nautilus e dal quale si salvano a stento il professor Pierre Aronnax, il fido cameriere Conseil e Ned Land, il fiociniere canadese. Forse l’immagine del gorgo mi impressionò particolarmente perché prossima alle preoccupazioni che mi affliggevano quando attraversavo con mio padre lo stretto ponte che percorreva una diga sull’Adige rombante delle acque che fluivano dalle paratoie aperte.
“Il Canadese aveva interrotto il suo lavoro, ma una parola, ripetuta venti volte, una parola terribile, mi rivelò il motivo dell’agitazione che si propagava a bordo del Nautilus. Non era per noi che l’equipaggio si agitava. « Maelstrom ! Maelstrom !» gridavano. Il Maelstrom! In quella situazione spaventosa poteva risuonare alle nostre orecchie un nome più spaventoso?”
Partiamo alle sei da Dalselv, rinunciando alla colazione, per essere sul ponte di Saltstraumen alle 9.54 quando la marea sarà al suo massimo e potremo vedere da vicino il gigantesco vortice che ai miei occhi conserva ancora i contorni disegnati dallo sguardo infantile.
Raggiunta rapidamente la città di Mo i Rana, l’attraversiamo che è ancora addormentata. La strada ora segue il corso del fiume Ranelva fino al villaggio di Storforshei, oltre il quale entra nella Dunderlandsdalen. Sulla sinistra si erge l’ Ørfjellet ancora ammantato di neve nonostante l’estate avanzata e sulla destra lo Jarfjellet, guardiani solitari dell’accesso all’altopiano che attraversa il Saltfjellet. La strada sale e scende lungo il terreno chiaramente morenico fino a Storvollen dove la Dunderlandsdalen incontra un’altra valle glaciale, la Tepsdalen. Gradualmente le fattorie diventano meno frequenti e meno imponenti. Raggiungiamo Krokstrand, l’ultimo villaggio prima dell’attraversamento del Circolo Polare Artico. Un Kafé fastosamente illuminato nella penombra del mattino ci richiama a una sosta dopo l’ottantina di chilometri percorsi, ma rinunciamo convinti che troveremo la colazione all’Arctic Polar Centre, dove comunque ci fermeremo per la foto di rito. Sbagliamo perché troveremo il Centre sbarrato e riusciremo a bere qualcosa di caldo solo a Fauske, un centinaio di chilometri a nord.
Poco a poco ci lasciamo alle spalle gli alberi e la strada ora corre nell’ambiente lunare dell’altopiano. Nonostante la giornata sia bella, lassù ci si sente esposti, possibili prede dei venti e delle nebbie. Il terreno è sassoso e solo negli avvallamenti si annida quel po’ di humus che consente alla vegetazione nana di crescere stenta. Qualche capanna disabitata offre la prospettiva di un riparo in caso di necessità, ma nessun segno di vita.
Poco oltre il Circolo Polare raggiungiamo lo spartiacque che segna l’inizio della Lonsdalen; la strada ora fiancheggia impetuose rapide e piccole cascate finché ritorna a incontrare gli alberi e la foresta immettendosi nella grandiosa Saltdalen che arriverà al mare nei pressi di Rognan.
Seguiamo il fiordo lungamente fino alla periferia di Fauske, dove abbandoniamo la E6 per entrare in città e fermarci finalmente a fare colazione e rifornimento di benzina. Abbiamo finora percorso circa duecento chilometri e siamo in orario per giungere all’appuntamento con il Maelstrom.
La strada ora è la R80 che costeggia ancora il fiordo che abbiamo percorso fin qui e che ora prende il nome di Skjerstadfjord. A sud-ovest svettano i profili aguzzi del Børvasstinden e del Kistrandfjellet.
A Løding imbocchiamo la famosa RV17 e ben presto siamo all’abitato di Saltstraumen oltre il quale si erge il possente ponte che scavalca lo stretto in cui quattro volte al giorno lottano le acque del Saltfjord e dello Skjerstadfjord.
Il Saltstraumen è la più forte corrente di marea del mondo che si crea quando la marea che si è alzata nel Saltfjord cerca di riempire lo Skjerstadfjorden con una differenza di altezza che può raggiungere il metro. Allora, una massa di 400 milioni di metri cubi di acqua di mare si fa strada attraverso lo stretto lungo 3 chilometri e largo 150 metri, ora in un senso ora nell’altro con una velocità dell'acqua che raggiunge 41 km orari. Vortici fino a 10 metri di diametro e 5 metri di profondità si formano quando la corrente è al suo massimo.
Mancano pochi minuti al colmo di marea. Parcheggiamo le motociclette nel grande piazzale sotto il ponte e corriamo assieme a poche altre persone verso il centro della campata mentre sotto di noi si rinnova lo spettacolo delle acque che si mescolano, vorticano e spumeggiano mentre frotte di gabbiani si gettano a caccia dei pesci rimasti intrappolati nella tremenda corrente.
Lo spettacolo non è certo quello disegnato dalla fantasia di Verne, ma le forze in gioco hanno il terribile fascino dell’ineluttabile e rimaniamo a lungo a osservare il gioco dell’acqua che crea effimere figure simili a frattali, sempre uguali e sempre diverse fra di loro.
Tornati alle motociclette, vediamo sorpresi una Triumph Tiger tedesca sulla quale il proprietario ha lasciato tutti i suoi beni. Evidentemente però la sua fiducia non deve essere completa, perché dall’alto del ponte sentiamo un richiamo ed è lui, il germanico, che ci avverte che ci sta guardando. Scende e scambiamo due parole sui nostri itinerari e sul tempo; i classici discorsi fra motociclisti che non vogliono apparire scortesi, ma neppure prendersi il tempo di approfondire la conoscenza.
Lentamente percorriamo i pochi chilometri che ci separano da Bodø dove ci imbarcheremo per le Isole Lofoten.

continua...

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Altre foto qui: http://giulio1954.com/2013/08/28/along-the-arctic-highway-4/

Tommasino
28-08-2013, 22:45
Complimenti per il racconto e l'accostamento di 20.000 leghe sotto i mari, in particolare appunto del gorgo che si e' creato e per la descrizione dell'immagine da te riportata.
....... Attendo il Work in progress.....

Panz
28-08-2013, 22:52
@ trotta......sei andato con la barca a vedere le orche??

charlyno
29-08-2013, 07:20
..caro Giulio e ' un piacere leggerti anche a colazione come adesso !! Però un cosa voglio dirti: non essere "avaro" di foto �� pleaseeeeeeeee
Lamps nordici ��

positivo
29-08-2013, 07:35
…uau, visitare uno i posti descritti nei libri letti da bambino, spettacolo :rolleyes: :D

Grande Julius, la colazione stamattina per me é saltata ma ne valeva la pena, mi rifarò più tardi

:lol::lol::lol:

Sali
29-08-2013, 15:10
Grazie! Come sempre i tuoi racconti, il tuo modo di scrivere, i riferimenti storici/letterari rendono i tuoi viaggi "vicini". Sembra di essere in strada con voi.

trottalemme
31-08-2013, 12:52
Domenica 4 Agosto
La notte passata abbiamo alloggiato in una sontuosa rorbu nel villaggio turistico di Reine: un ampio salone, due camere da letto e, naturalmente, il bagno. Le finestre del salone danno sulla rada incorniciata dalla mole massiccia del Klokktinden e dai picchi aguzzi che chiudono lo sguardo a nord-ovest. Mentre facciamo colazione, ci permettono anche di osservare la pesante coltre di nubi che grava sulla zona e che ci precluderà di gustare i colori del mare e della roccia quando il sole li incendia.
Ci immettiamo sulla E10, praticamente l’unica strada che attraversi l’arcipelago e dalla quale si staccano le strade minori che conducono alle diverse località, e percorriamo l’isola di Moskenes. Contiamo di fermarci a Ramberg dove ricordo esserci una splendida spiaggia sabbiosa, ma – ahinoi – quando arriviamo, piove a dirotto e sconsolatamente proseguiamo. Nonostante la luce cupa e le nuvole basse, le linee del paesaggio donano una sensazione di grande armonia e nel mio cuore si mescolano l’entusiasmo e il rimpianto. Le rocce, la terra e la vegetazione sono spente, ma il mare cambia continuamente colore, passando dall’acquamarina, allo smeraldo, al turchese, allo zaffiro.
Superato il ponte che unisce Moskenes a Vestvågøya, a Leknes deviamo dalla E10 sulla 817, una piccola strada che costeggia la parte meridionale dell’isola in un ambiente bucolico e apparentemente dimenticato dalla storia. Su di noi incombe la mole imponente del Monte Blåtinden e la sottile striscia di terra fra la montagna e il mare è contesa dalla strada, groppi di case e piccoli greggi che stazionano oziosi. Poco dopo Valberg, un cartello sulla destra all’imbocco di una strada bianca indica una hytte in affitto. La stradina percorre un breve promontorio e arriva a un prato con due villette bianche, un capannone in legno e un piccolissimo punto di approdo fra le rocce. Se si ha la fortuna di trovare libera una delle due villette, l’esperienza del soggiorno è esclusiva: nessuno intorno, la costa frastagliata da un lato e la montagna scura dall’altro, i racconti di pesca del padrone della hytte che vi mostrerà anche il magazzino dove secca per il suo uso personale i merluzzi.
Altri due ponti ci conducono su Austvågøya. Deviamo sulla penisola ai piedi del Monte Vågakallen per raggiungere Henningsvaer, splendida cittadina di pescatori. Fino al 1981, si poteva raggiungere la cittadina solo via mare e, sebbene, ora sia una delle mete turistiche più importanti delle Lofoten, non ha perso una sua autenticità come forse è accaduto in altre località così famose.
Dopo una breve passeggiata sul porto che unisce le due isole che formano la cittadina, entriamo nel piccolo supermercato che è contemporaneamente ufficio postale, negozio di souvenirs e bar per bere qualcosa di caldo.
Per proseguire, occorre ripercorrere la strada fatta all’andata e presto ci ritroviamo a Svolvær, importante città di scambio, nella quale non entriamo per dirigerci subito a nord lungo l’Austnesfjorden e lo Sløvenfjorden fino a Fiskebøl.
L’ambiente ora è meno drammatico che nelle isole occidentali dell’arcipelago e per questo probabilmente è consigliabile percorrere le Lofoten da Nord-est a Sud-ovest e non il contrario.
Continua a piovere e le nuvole basse ci precludono lo sguardo sulle montagne circostanti.
A Fiskebøl, un ferry boat ci traghetterà sull’isola di Langøya che attraverseremo insieme all’isola di Hinnøya per giungere alla nostra meta odierna: Andenes sull’isola di Andøya. Assieme, tutte queste isole formano un arcipelago con caratteristiche simili e allo stesso tempo sfumate rispetto alle Lofoten: le montagne sono un po’ più arrotondate, ma il contrasto fra la roccia e l’acqua dei fiordi rimane immutato. Inoltre, le isole Vesterålen sono meno note al turismo organizzato e dunque offrono un ambiente più tranquillo e meno preconfezionato.
Giunti a Strand, sull’isola di Hinnøya, il cielo si apre e percorriamo il lungo fiordo che la divide dalle isole vicine con un entusiasmo crescente per l’ambiente che ci appare e i colori del paesaggio. C’è tempo anche per una sosta in un ristorante di campagna in cui piombiamo con l’indole un po’ chiassosa dei motociclisti mediterranei suscitando un momento di sconcerto e di bonaria curiosità nei clienti. La zuppa di carne di renna è squisita, come pure il pane fatto in casa. Sarei tentato dai monumentali dessert che vedo passare, ma mi trattengo.
Andøya è lunga, stretta e piatta ad eccezione del fianco occidentale e dunque, passati con l’ennesimo ponte sull’isola, scegliamo la panoramica strada occidentale, ma purtroppo il tempo si guasta nuovamente e ci impedisce di avere una visione completa delle montagne che tornano a farsi aguzze e a scendere a precipizio nel mare. Arriviamo ad Andenes che il tempo sta nuovamente migliorando.
Al largo, qui il mare è profondo 1.000 metri, scuro e freddo. Sarebbe il posto giusto per fermarsi un giorno a vedere le balene, ma il ritardo che abbiamo accumulato all’inizio del viaggio ci obbliga a proseguire senza soste e rinunciamo all’idea nonostante le numerose agenzie che propongono la breve crociera. Forse per risarcirci un po’, Giove pluvio ci regala uno splendido tramonto che non termina mai.
Al termine della giornata abbiamo percorso trecentotrentotto chilometri.

continua...

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Altre foto qui: http://giulio1954.com/2013/08/31/along-the-arctic-highway-5/

augusto
31-08-2013, 13:13
Le foto che hai scelto mi inumidiscono gli occhi.
Evito con cura di aprire le altre.

positivo
01-09-2013, 21:28
...preciso e dettagliato, direi quasi svizzero :cool:




Preciso e dettagliato? :confused: doppia aggettivazione? ...vabbe' CSNF

:lol::lol::lol:

milongo
02-09-2013, 07:39
complimenti veramente
ciao

trottalemme
05-09-2013, 19:36
Lunedì 5 Agosto
Il nome “Senja” sembra legato all’antico verbo norreno “sundra” che significa “tagliare fuori” e quando si attraversa l’isola lungo la costa settentrionale, da ovest a est, si capisce che l’etimologia, anche se forse non vera, è almeno verosimile. Infatti, se la parte meridionale dell’isola è caratterizzata da pianure e dolci colline, a nord si innalzano dal mare possenti muraglie di roccia che isolano fra loro i fiordi nei quali si annidano minuscoli villaggi di pescatori. Solo il recente sforzo titanico dell’ingegneria ha infranto l’isolamento delle piccole comunità, tracciando numerose gallerie che uniscono fra loro le valli.
Se l’isolamento è infranto, tuttavia, l’ambiente severo, il rapido cangiare della luce e l’esiguità dei segni umani al di là del nastro d’asfalto e dei fori che attraversano le montagne, generano in una persona suggestionabile come me la sensazione che la Natura potrebbe in ogni momento vendicarsi sul viandante della tracotanza con cui sono stati violati i muri della possente fortezza. E anche questo aspetto immaginario di territorio di frontiera rende affascinante percorrere la Tourist Route Senja.
Da Andenes arriviamo a Gryllefjord, sulla costa occidentale dell’isola, con il piccolo ferry boat che attraversa un braccio di mare aperto ai venti che provengono direttamente dall’artico e, anche in un giorno in cui il mare è tranquillissimo, si percepisce la forza dell’onda lunga partita chissà quanto lontano. Il porto è rincalzato bene addentro il fiordo e l’arrivo del battello non sembra modificare minimamente le occupazioni dei pochi abitanti che animano le botteghe intorno al molo; sembra sappiano che nessuno si fermerà e che il borgo è solo una stazione di transito. Sull’altro lato del fiordo, un peschereccio si dirige lentamente verso il mare aperto.
La nostra strada percorre tutto il perimetro del fiordo sebbene sia in costruzione un ponte che lo taglierà a metà e mi sembra di capirne il motivo: sopra di noi incombe un’alta parete di sfasciumi che immagino durante l’inverno diventi uno scivolo di neve e ghiaccio sotto il quale non passerei tanto serenamente. Quasi di fronte al villaggio, sull’altro lato del fiordo, la strada risale un piccolo passo e scende nella valle vicina, la più ampia fra quelle che attraverseremo e la più dolce nelle linee e nei colori: la valle di Ballesvika. Corriamo per una decina di chilometri lungo la costa e saltiamo con un ponte sopra un altro fiordo per andare a sbattere nella prima galleria e nel primo dei luoghi che rendono indimenticabile Senja. Dopo il passaggio sotto la montagna, la strada scende in una stretta valle e all’improvviso si apre sul fiordo di Bergsbotn in un punto panoramico da cui non si vorrebbe più allontanarsi: il fiordo si allarga come fosse un lago rinserrato da alte cime che restringono l’accesso al mare; le nuvole, spinte dai possenti venti settentrionali cambiano continuamente la luce con cui il sole illumina e spegne valli e cime.
La strada prosegue lungo la costa con la possibilità di affascinanti deviazioni sulle punte che separano i fiordi fino a Botnhamn dove ci attende il ferry boat che ci porterà sull’isola Kvaløya e alla città di Tromsø.
Un altro luogo indimenticabile sulla strada costiera è Tungeneset, un punto panoramico in cui è possibile scendere a passeggiare sulla bassa scogliera di granito fra le pozze di acqua che la marea rinnova ogni giorno. Sullo sfondo, la vista indimenticabile della catena rocciosa di Okshornan.
Fra tutti i possibili detour che ci lusingano, scegliamo di arrivare a Husøy, un villaggio abitato da 250 anime e distante una decina di chilometri dalla strada principale. La valle che ci conduce a destinazione sale abbastanza ripida in un ambiente alpino completamente disabitato fino ad arrivare addosso alla parete rocciosa in cui si apre la galleria che apre il passaggio dentro la profonda valle dell’Øyfjorden. Giù, in basso, abbarbicato su un isolotto che lo rinserra come un castello medievale, il villaggio. Per arrivare, occorre attraversare un lungo viadotto gettato sopra il mare e protetto da un alto muro che la dice lunga sulla possanza dell’onda quando il mare è arrabbiato. A darci il benvenuto il forte odore del pescato in lavorazione e la distesa di cassette in cui viene stivato sulle barche.
Sarebbe un’ingiustizia dire che Kvaløya non ha attrattive con cui lusingare il turista, ma dopo Senja gli occhi sono sazi e sazio di emozioni è il cuore.
Parcheggiamo le motociclette accanto alla hytte dopo avere percorso centosettantotto indimenticabili chilometri.

continua…

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http://giulio1954.files.wordpress.com/2013/09/p1060871.jpg

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Altre foto qui: http://giulio1954.com/2013/09/05/along-the-arctic-highway-6/

Tric
06-09-2013, 11:36
mi segno.
appena ho tempo mi metto comodo a leggere il resoconto!

matteo10
06-09-2013, 12:22
Che bravo trotta, che bravo!! :!::!:

trottalemme
06-09-2013, 13:01
Lascia stare il "bravo". Magari leggere e vedere qualche foto può essere di stimolo o di aiuto a qualcuno. ;)

discus
06-09-2013, 19:49
Visto che ad uno schermo preferisco sempre la carta, se un giorno decidessi di pubblicare qualcosa sui tuoi magnifici viaggi sappi che hai già un cliente acquisito (e non penso di esse l'unico).

Leggere i tuoi racconti è sempre un piacere!:D:D:D

Lorce
09-09-2013, 11:59
Complimenti per il giro e le foto che sono bellissime !

barney 1
09-09-2013, 15:16
Complimenti!
Che macchina e che ottiche usi?
Grazie!

trottalemme
10-09-2013, 07:57
Che macchina e che ottiche usi?
Grazie!

LUMIX DMC-LX3
CANON 5D Mark II con CANON EF 17-40mm f/4L USM

Grazie a te!

max800gs
10-09-2013, 14:33
Bellissimo il racconto , io sono tornato il 14 luglio o fatto piu o meno la tua strada pero nel senso danimarca ,svezia,finlandia e poi giu per norvegia e di nuovo danimarca esperienza indimenticabile soprattutto le lofoten e il sole di mezzanotte e 9800 km fatti Tutti in moto .
Sto organizzando per il prox anno giretto fino a bergen e ritorno via svezia , ci devo tornare lo so !!

A'mbabu
10-09-2013, 15:13
Bisso qui i complimenti...totali e all-inclusive, visto che alle immagini aggiungi anche le mille parole ;)

mary
10-09-2013, 15:36
Ottimo Trottalemme!
Il seguito...?

vincenz25
10-09-2013, 15:37
Bellissimo e coinvolgente report di viaggio. Leggerti é stato come aver viaggiato con voi.......grazie, spero di riuscire a fare anch'io un viaggio così affascinante.

positivo
10-09-2013, 15:59
...a Vince', pensa che siamo solo al 5 agosto e Julius e' rientrato dopo ferragosto.

Ci deve raccontare ancora tutte le altre tappe ;)



:lol::lol::lol:

mattia
10-09-2013, 16:18
Attendo il resto per leggerlo tutto d'un fiato! :D

big_paul
10-09-2013, 17:23
Leggerti è come essere presenti con voi lungo il viaggio. Hai la capacità di descrivere con la giusta caratterizzazione le cose che hai visto che quasi le foto potrebbero sembrare inutili. Ma perchè non scrivi un libro? C'è gente che scrive libri di viaggi in moto dove quasi il resoconto contabile e di km percorsi supera la descrizione di quanto visto e vissuto. Ed il bello è che li vende pure!

marcomelli
10-09-2013, 18:49
STUPENDO
Quoto in tutto bigpaul
Viaggio spettacolare, descrizione meravigliosa!!!!!!

trottalemme
10-09-2013, 20:04
Grazie a tutti degli apprezzamenti.
Un libro? Chissà... forse... se non mi sembrasse ridicolo tanto sfoggio per le piccole avventure che riesco a mettere insieme. ;)

Il Veleggiatore
10-09-2013, 20:14
ridicolo?
ridicolo è ben altro. L'inverno è lungo e foriero di ispirazione

eupg
10-09-2013, 22:12
Piccole avventure? Potessi permettermi un decimo di quel che fai tu la mia vita sarebbe di sicuro migliore...:lol::lol:
Con affetto per il tuo way of life...:!::!:

linobord
15-09-2013, 23:38
Ma in tutto quanti giorni avete impiegato?

trottalemme
17-09-2013, 19:37
Martedì 6 Agosto
Oggi siamo ritornati sulla E6, la “Arctic Highway” che, da Tromsø, abbiamo raggiunto a Nordkjosbotn e seguita fino ad Alta. Per la varietà delle suggestioni naturalistiche, storiche ed etnografiche che offre, questo tratto avrebbe meritato ben più della giornata che gli abbiamo dedicato; si sviluppa seguendo la costa di tre spettacolari fiordi: il Lyngen, il Kvænangen e l’Altafjorden. Attraversa anche un breve altopiano, il Kvænansfjell che annuncia la bellezza struggente ed esotica del Finnmark e di tutto il Sapmi, la terra dei Sami.
Devo confessare che le sensazioni vissute in questa giornata e i paesaggi che mi hanno incantato ed entusiasmato si fondono e si confondono. Troppe cose da metabolizzare in poco tempo. Rimangono due incontri sulla via, il primo mancato e il secondo compiuto.
Skibotn è un villaggio distante una cinquantina di chilometri da Nordkjosbotn. Ci si arriva dopo avere fiancheggiato l’estrema propaggine del Lyngen e dopo una profonda ansa della strada che prepara la visione maestosa delle Lyngsfjellan al di là del braccio di mare; montagne di granito incappucciate di neve e ghiaccio verde. Il villaggio è sparpagliato nel bosco ed è grazioso; ha un distributore di benzina e un albergo, ma non ha un centro intorno al quale si possa intuire la sua disposizione. Al di là della splendida vista sulle Alpi di Lyngen, è interessante perché ogni altro anno ospita un grande raduno della Chiesa Laestadiana.
Il Laestadianesimo deve il suo nome a Lars Levi Laestadius, nato nel 1800 sulle montagne della Svezia Settentrionale e avviato alla vita clericale nella Chiesa Luterana presso le comunità sami di Norvegia e Finlandia. Egli fu il protagonista di una riforma “moralizzatrice” tesa a combattere le “piaghe” che, secondo lui, inquinavano la vita di quella gente. Nel complesso, egli respingeva tutte le “gioie” che non fossero ispirate dallo Spirito Santo e gli inutili “sfarzi” legati all’abbigliamento tradizionale lappone, ma concentrava la sua furia in particolare contro l’assunzione di alcol. Infatti, l’offerta e l’assunzione rituale di bevande alcoliche erano profondamente radicate nella cultura tradizionale same e, in particolare, rappresentava lo strumento utile a raggiungere lo stato di trance assieme al canto del joik e al ritmo del tamburo sciamanico. Dunque, la battaglia contro il consumo di alcol aveva anche lo scopo di combattere la vecchia cultura animistica oltre a ridurre la miseria legata all’alcolismo diffuso. Per fare breccia nelle coscienze approfittò di un evento naturale assai raro in Lapponia: il terremoto del 5 dicembre 1845, che fu interpretato da Laestadius come un segno dell’ira divina. La sua predicazione veemente e passionale fece breccia nei parrocchiani e cominciò a far sentire presto i suoi effetti. I suoi sermoni, traboccanti di metafore e il suo stato di eccitazione entusiasmarono i sami perché ricordava loro i riti sciamanici e i fedeli confessavano i propri peccati, piangendo e pregando per il perdono in una specie di estasi che culminava nel Likkatus, la comunione.
Il suo insegnamento non perì con lui e continua a essere predicato e vissuto da comunità sparse in tutto il mondo, oltre naturalmente ai Paesi scandinavi.
A Skibotn cerco le tracce viventi di questo movimento, così come nel West Virginia avevo cercato gli Amish. A differenza di allora, non trovo nulla nell’architettura e nel costume della gente che indichi l’appartenenza a questa cupa dottrina né riesco a raccogliere informazioni sul Laestadianesimo che rimane solamente un ricordo letterario.
Mi va meglio ad Alta. A pochi metri dal mare, un uomo approssimativamente abbigliato con una tunica ricavata da due pelli di renna, batte ritmicamente con un sasso uno scalpello sull’arenaria grigio-verde levigata dalla glaciazione appena conclusa. Una donna in piedi lo guarda mentre un ragazzino si diverte a saltare dentro e fuori una leggera canoa rivestita di pelle grigia che ricorda la foca. Il sole è basso sull’orizzonte e l’ombra lunga fa risaltare le figure incise nella roccia intorno all’uomo. Provo a parlargli, ma mi rendo ben presto conto che egli non mi vede perché lo sto incontrando nella mia immaginazione. Sono infatti all’interno del recinto del museo in cui sono custodite le straordinarie incisioni rupestri che risalgono indietro nel tempo fino a seimila anni fa. Ritraggono renne, alci, orsi, pesci, cacciatori, barche, recinti e sembrano raccontare delle storie. Per esempio, c’è un’orsa con due cuccioli in un branco di renne e alcuni arcieri a terra e in barca le stanno dando la caccia. Poco più in là, ci sono tre barche e un pesce all’amo; in una delle barche un uomo in piedi sembra colto nell’atto di gettare una rete nell’acqua. Perché quegli uomini e quelle donne tracciavano le figure che sto studiando? Tentavano di propiziarsi i favori degli dei rappresentando i propri desideri? Raccontavano con queste scene le storie che giustificavano la loro identità? Sono domande senza risposta, almeno per me, ma forse non è così importante cercare questa risposta ed è sufficiente ricordare ciò che ci unisce loro: il desiderio di ipotecare il futuro impetrando il favore di un dio e di raccontarci come sto facendo anche in questo momento. In una parola, l’umanità.

continua…

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Altre foto qui: http://giulio1954.com/2013/09/17/along-the-arctic-highway-7/

Sali
17-09-2013, 21:31
Non avrò mai il tempo di leggere tutti i tuoi report. Pesco al volo qualche giornata e mi convinco sempre più che un giorno anche io....

positivo
17-09-2013, 21:51
...cominciavo ad essere in pensiero ma, con calma, adesso me lo leggo ;)

discus
18-09-2013, 21:31
ridicolo?
ridicolo è ben altro. L'inverno è lungo e foriero di ispirazione


:!::!::!::!::!:

Metzs
19-09-2013, 12:31
Meraviglioso!!!

big_paul
19-09-2013, 12:34
Ero preoccupato... pensavo ti fossi perso... ma nel racconto :-)

trottalemme
19-09-2013, 13:13
Mi ero distratto un attimo... :!::!::!:

Tommasino
19-09-2013, 14:07
Ci stai facendo sudare questo avvincente resoconto.

positivo
20-09-2013, 07:37
Mi ero distratto un attimo...


Lo ha distratto il lupo :rolleyes:


:lol::lol::lol:

60Luca
20-09-2013, 09:12
Ti prego, dimmi il segreto per fare foto così incisive e cristalline...:!:

trottalemme
24-09-2013, 19:32
Oggi raggiungeremo Capo Nord, la soglia oltre la quale questa avventura dovrà fermarsi a circa 2000 chilometri dal Polo Nord.
Luogo fortunato, Capo Nord, fin dal battesimo nel 1553 da parte del capitano Richard Chancellor che vi si imbatté mentre cercava il passaggio a nord est, cominciò ben presto a mettere in moto viaggiatori europei desiderosi di esotismo. Francesco Negri da Ravenna lo raggiunse via mare nel 1664 e Giuseppe Acerbi fu il primo a calcarne il suolo via terra nel 1798. Diventò meta alla portata di molti, se non di tutti, solo dal 1956 quando fu tracciata la prima strada che lo raggiungeva. Oggi non è più l’impresa di un tempo per la verità non molto lontano, ma mettersi in strada per raggiungere Capo Nord mantiene ancora il profumo dell’avventura. Sarà la lunghezza del percorso; saranno le condizioni meteorologiche sempre un po’ imprevedibili e qualche volta estreme delle latitudini settentrionali; saranno i grandi silenzi, le imponenti foreste disabitate, i fenomeni naturali spaesanti come il sole che non tramonta per tutta l’estate. Sarà il peso del mito. Non so dire; fatto sta che mi accingo a raggiungere il Capo per la seconda volta.
Partiti da Alta, dopo una quindicina di chilometri lungo il fiordo, lo abbandoniamo per risalire sul vidda, l’altopiano che dobbiamo attraversare per arrivare a Skaidi. Percorriamo una gola rinserrata fra ripidi pendii a cui si aggrappano le betulle e, giunti alla testata della valle, gli alberi lasciano posto alla tundra e all’acquitrino; se si esce di strada, il terreno è morbido ed elastico, ma appena sotto la superficie è ghiacciato. Vicino ai corsi d’acqua, agli stagni e ai laghetti disseminati qua e là cresce il cotone selvatico che ingentilisce il paesaggio aspro con i fiocchi biancastri che oscillano all’aria.
Nessuno vive sul vidda, ma in estate i Sami di Kautokeino si muovono fin qui a vegliare sulle renne dopo la migrazione primaverile. Rallento per dare un’occhiata ai loro bivacchi estivi, ma non oso fermarmi sapendo quanto essi sono riservati. Nei pressi di Aisaroaivi, l’accampamento si infittisce vicino a una chiesetta in legno poco lontana dalla strada. Oggi è mercoledì e la porta della chiesa è sbarrata; non mi va bene nemmeno cercare di sbirciare dalla finestra. Peccato, mi sarebbe piaciuto dare un’occhiata all’interno.
La strada ora scende e riprendono i boschi di betulla. Le capanne dei Sami lasciano posto a quelle più curate dei norvegesi che vengono a pescare il salmone nel fiume Repparfjordelv. Gli alberi bassi hanno le foglie bruciate e l’aria stenta; sembrano sopravvissuti a un incendio e invece sono così a causa dei freddi venti che si infilano nella gola da nord e li maltrattano estate e inverno.
Dopo Skaidi, un nuovo, breve altopiano – mosaico di grigi, verdi e marroni – ci aspetta per condurci a Olderfjord e al Porsangerfjorden, il fiordo più ampio di tutta la Norvegia.
Ora viaggiamo verso nord sulla sponda del fiordo verso Magerøya, l’isola al termine della quale si concluderà anche il nostro viaggio. Il paesaggio è brullo, bello e malinconico.
Poco dopo una grande baia, deviamo verso Repvag che un tempo, prima della costruzione del tunnel sottomarino, fu il porto dei traghetti per Honningsvag e Capo Nord. Il villaggio si stringe oggi intorno ai capannoni di una industria di trasformazione del pesce e sembra disabitato. Il grande motel che un tempo doveva essere affollato di turisti in attesa di imbarcarsi, è ancora qui vuoto eppure ben tenuto forse nella speranza che il traffico si rianimi.
Entrare nel tunnel sottomarino incute sempre un po’ di timore. La prima volta che lo attraversai ero turbato dai racconti di nebbie e ghiacci che si potevano incontrare nelle profondità. Oggi mi sembra che sia stato rimodernato e, guadagnando in comodità, abbia perso quel vago profumo di passaggio iniziatico, buio e ghiacciato che ricordavo.
Giunti sull’isola, dirigiamo subito al Capo. Il tempo è bello e, conoscendo la rapidità con cui le condizioni meteo cambiano, non vogliamo perdere l’occasione. Il paesaggio diventa sempre più selvaggio e deserto e presto siamo al casello di ingresso e al mappamondo.
Di fronte al Mare di Barents approfondisco il respiro; allontano con uno sforzo di volontà i rumori che mi circondano; mi isolo per cercare la forza del luogo nel refolo di vento che mi accarezza la fronte. Per tutto l’inverno ho spiato questo luogo nelle giornate in cui era tormentato dai venti dell’artide; quando era immerso in un bagno di grigia umidità; nella notte senza luce e nel giorno in cui il primo raggio di sole ha tagliato l’aria.
Quante cose sono cambiate in questo luogo da quando vi arrivò Francesco Negri, sacerdote di Ravenna. Quante cose sono rimaste le stesse nel breve lasso di tempo che separa la sua vita dalla mia: il sole appeso nel cielo, le nuvole leggere, le onde del mare, il basalto della roccia, l’aria mai del tutto ferma.
A buon diritto, sento di potere fare mie le sue parole: “Or eccomi giunto al Nord-Cap, che è à dire all’estremità di Finmarkia, anzi, non ritrovandosi più altra terra dal genere umano verso al Polo abitata, del Mondo stesso; però co’ termini del medesimo rimane terminata la mia curiosità, onde son disposto a ritornar in Danimarca, e indi à Dio piacendo, alla Patria.”
Mi sento vuoto, purificato e allo stesso tempo pieno di ciò che mi circonda. Mi giro; sorrido a Maria Grazia e le accarezzo il viso; gli amici ci raggiungono e festeggiamo il culmine della nostra avventura.

fine

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Altre foto qui: http://giulio1954.com/2013/09/24/along-the-arctic-highway-8/

big_paul
25-09-2013, 10:06
ma come.... fine... non ci credo... hai preso un aereo per tornare a casa? mi sento come se una bellissima donna dopo ore di coccole, al culmine mi dice:"beh: adesso vado. ciao."

Comunque sei un maestro!
Ciao

mary
25-09-2013, 10:27
Sei stato fortunatissimo col tempo!
Io ho trovato vento a 70/80 Km/h ...e 6 gradi con pioggia ...i primi di luglio!
Anche le Lofoten sono andate a pu...ne per lo stesso motivo..., ma ci torno!

trottalemme
26-09-2013, 18:30
Fortunatissimo? :lol:

http://giulio1954.files.wordpress.com/2013/09/p1070213.jpg?w=900

mary
26-09-2013, 19:17
Siamo rimasti bloccati in una ytta per 1 giorno alle Lofoten ed un altro giorno a Nordkapp causa vento e pioggia e, quando siamo partiti ha seguitato...
Poteva andare un poco meglio, specie col vento...

trottalemme
26-09-2013, 19:37
Tutta la mia comprensione e solidarietà... :!:

mary
26-09-2013, 20:24
:lol::lol::lol:

bikelink
27-09-2013, 06:16
se su butta male c'è solo da avere pazienza.. e essere ben equipaggiati.
succede spesso.

mary
27-09-2013, 06:52
...ho avuto pazienza...;)

Antonio Tempora
30-09-2013, 16:58
Grazie per la splendida lettura.
Capo Nord non rientra nelle mie mete programmate, ma leggendoti è come se ci fossi stato......Senza prenedere acqua e freddo !
Alla prossima

trottalemme
30-09-2013, 19:19
Grazie Antonio!

fricius
01-10-2013, 22:19
Grazie per il bellissimo racconto. Ho viaggiato con la fantasia, in attesa di poterlo fare dal vero.

discus
01-10-2013, 22:46
....."Di fronte al Mare di Barents approfondisco il respiro; allontano con uno sforzo di volontà i rumori che mi circondano; mi isolo per cercare la forza del luogo nel refolo di vento che mi accarezza la fronte."....


....non ho parole....

trottalemme
01-10-2013, 22:48
Si chiama "meditazione". Ognuno la può praticare e vivere più intensamente il "qui e ora".

discus
01-10-2013, 23:52
Si chiama "meditazione". Ognuno la può praticare e vivere più intensamente il "qui e ora".

Oltre alla meditazione, c'è la sana invidia che provo nei confronti di coloro che, pur privi di tela e pennello, sono in grado di dipingere ed esporre il loro quadro con le sole parole. E "sole" non vuol'essere riduttivo.

Complimenti!

Ricky