ATkappa
18-06-2009, 11:55
Riporto un'articolo preso dal sito di Motonline del direttore Luigi Rivola. Trae conclusioni interessanti circa la crisi delle case Giapponesi, che io condivido in buona parte. Voi cosa ne pensate?
I giapponesi sono in crisi?di Luigi Rivola
Sono ancora nettamente i più forti dal punto di vista industriale, tecnico ed economico, ma mostrano incertezze e commettono errori che una volta non avrebbero mai fatto
Le quattro marche giapponesi Honda, Yamaha, Suzuki e Kawasaki (rigorosamente in ordine di grandezza, almeno dal punto di vista motociclistico) dominano lo sport e il mercato motociclistico mondiale da quarant’anni, un periodo lunghissimo che ha consolidato la loro leadership rendendola pressoché inattaccabile.
Ma tutti sappiamo che l’eternità sulla Terra non esiste: anche gli edifici più robusti senza la corretta manutenzione crollano. E a me sembra di vedere, da un po’ di tempo a questa parte, qualche brutta crepa nei muri delle Case giapponesi.
Gli scricchiolii più avvertibili arrivano dallo sport, e in particolare dalla sua massima espressione, il campionato MotoGP dove due sole marche sono competitive e una di queste – la Honda – vive da anni nell’incubo di un suo ex pilota che la demolisce regolarmente in sella alla Yamaha. Entrambe spesso si fanno battere da quel mostro di tecnologia che è la piccolissima Ducati. E anche questo non sarebbe mai accaduto in passato, almeno non nella classe regina.
Le Case giapponesi – Kawasaki esclusa, sia perché si è ritirata, sia per non aver mai concluso nulla – sembrano più impegnate a difendere questa MotoGP per principio e con i paraocchi, che a tentare di recuperarne l’antico splendore con le sagge e lungimiranti decisioni che i loro vecchi dirigenti avrebbero senz’altro preso. Difendono con le unghie e coi denti la gestione della Dorna, che con tutta una serie di errori sempre da loro approvati è all’origine dello spopolamento del campionato, e addirittura la Honda si è resa complice di quella obbrobriosa rivoluzione che è il campionato Moto2, un monomarca che esclude la partecipazione ufficiale delle Case e che propone motori derivati di serie nel mondiale prototipi, il tutto per esaltare al massimo la classe che verrà propinata come la Formula 1 delle moto, facendo finta di ignorare come sta finendo a sua volta la Formula 1…
In ogni caso, le Case giapponesi, che rispedivano in catena di montaggio i loro ingegneri del reparto corse se sbagliavano qualcosa, non avrebbero mai accettato, un tempo, di affidare a chi aveva causato tanti grossi guai, la ricerca della soluzione.
Il risultato è che l’unico campionato mondiale che cresce per importanza e partecipazione è quello delle Superbike, che i top manager giapponesi valutano solo come un giochino, appena tollerato, delle loro filiali europee. Furbissimi!
Passando alla produzione, non mancano neanche qui i segnali di crisi, e non di mercato, ma di creatività, di strategie. I giapponesi non riescono a rinnovare la propria immagine e quella della propria gamma: sono ancora tutti presi dalla corsa alle prestazioni e alla tecnologia, quasi dovessero ancora dimostrare di essere i migliori, e sembrano non rendersi conto che il tempo delle ipersportive da 200 CV sta per scadere e che devono prepararsi a coprire le esigenze di un nuovo pubblico. Magari anticipandole. L’unica grande novità all’orizzonte sembra essere la decisione di non partecipare ai grandi Saloni internazionali: una bella pensata che dimostra come oggi si privilegino le decisioni facili – e magari sbagliate – rispetto a quelle più difficili da attuare. Non ci sono più i manager di una volta…
I giapponesi sono in crisi?di Luigi Rivola
Sono ancora nettamente i più forti dal punto di vista industriale, tecnico ed economico, ma mostrano incertezze e commettono errori che una volta non avrebbero mai fatto
Le quattro marche giapponesi Honda, Yamaha, Suzuki e Kawasaki (rigorosamente in ordine di grandezza, almeno dal punto di vista motociclistico) dominano lo sport e il mercato motociclistico mondiale da quarant’anni, un periodo lunghissimo che ha consolidato la loro leadership rendendola pressoché inattaccabile.
Ma tutti sappiamo che l’eternità sulla Terra non esiste: anche gli edifici più robusti senza la corretta manutenzione crollano. E a me sembra di vedere, da un po’ di tempo a questa parte, qualche brutta crepa nei muri delle Case giapponesi.
Gli scricchiolii più avvertibili arrivano dallo sport, e in particolare dalla sua massima espressione, il campionato MotoGP dove due sole marche sono competitive e una di queste – la Honda – vive da anni nell’incubo di un suo ex pilota che la demolisce regolarmente in sella alla Yamaha. Entrambe spesso si fanno battere da quel mostro di tecnologia che è la piccolissima Ducati. E anche questo non sarebbe mai accaduto in passato, almeno non nella classe regina.
Le Case giapponesi – Kawasaki esclusa, sia perché si è ritirata, sia per non aver mai concluso nulla – sembrano più impegnate a difendere questa MotoGP per principio e con i paraocchi, che a tentare di recuperarne l’antico splendore con le sagge e lungimiranti decisioni che i loro vecchi dirigenti avrebbero senz’altro preso. Difendono con le unghie e coi denti la gestione della Dorna, che con tutta una serie di errori sempre da loro approvati è all’origine dello spopolamento del campionato, e addirittura la Honda si è resa complice di quella obbrobriosa rivoluzione che è il campionato Moto2, un monomarca che esclude la partecipazione ufficiale delle Case e che propone motori derivati di serie nel mondiale prototipi, il tutto per esaltare al massimo la classe che verrà propinata come la Formula 1 delle moto, facendo finta di ignorare come sta finendo a sua volta la Formula 1…
In ogni caso, le Case giapponesi, che rispedivano in catena di montaggio i loro ingegneri del reparto corse se sbagliavano qualcosa, non avrebbero mai accettato, un tempo, di affidare a chi aveva causato tanti grossi guai, la ricerca della soluzione.
Il risultato è che l’unico campionato mondiale che cresce per importanza e partecipazione è quello delle Superbike, che i top manager giapponesi valutano solo come un giochino, appena tollerato, delle loro filiali europee. Furbissimi!
Passando alla produzione, non mancano neanche qui i segnali di crisi, e non di mercato, ma di creatività, di strategie. I giapponesi non riescono a rinnovare la propria immagine e quella della propria gamma: sono ancora tutti presi dalla corsa alle prestazioni e alla tecnologia, quasi dovessero ancora dimostrare di essere i migliori, e sembrano non rendersi conto che il tempo delle ipersportive da 200 CV sta per scadere e che devono prepararsi a coprire le esigenze di un nuovo pubblico. Magari anticipandole. L’unica grande novità all’orizzonte sembra essere la decisione di non partecipare ai grandi Saloni internazionali: una bella pensata che dimostra come oggi si privilegino le decisioni facili – e magari sbagliate – rispetto a quelle più difficili da attuare. Non ci sono più i manager di una volta…